New York

New York, una battaglia da un miliardo per un parcheggio in mare nel quartiere di South Street

New York, una battaglia da un miliardo per un parcheggio in mare nel quartiere storico di South Street

Sapete quanto infinite possano essere le saghe immobiliari di New York, vero? Bene, la battaglia su 250 Water Street (l’indirizzo di uno storico parcheggio nel South Street Seaport Historic District) si avvicina alla “Guerra dei Trent’anni”. Il sito, tra Pearl e Water Street, occupa un intero isolato proprio all’interno dell’ultima vestigia architettonica del lungomare mercantile di New York risalente al periodo tra XVIII e inizio XIX secolo.

Potreste domandarvi come un’oasi storica dell’America più pittoresca sia arrivata ad annoverare e comprendere un enorme posteggio auto che ci lascia in eredità una bizzarra terra di nessuno, tra i bassi magazzini del XIX secolo che costeggiano Water a est e i moderni grattacieli di Lower Manhattan, a ovest di Pearl.

In parte, la risposta del New York Times è che Pearl, una strada allargata, aveva un treno sopraelevato che delimitava le corsie più strette e acciottolate del lungomare, rendendo necessario un bordo o un confine. Ma per una spiegazione ancora più esaustiva dobbiamo tornare agli accordi da parte dei politici locali per placare i costituenti di NIMBY (tradotto letteralmente: non nel mio cortile) in protesta contro l’installazione di strutture presso la propria abitazione, che non volevano che le loro viste sul lungomare fossero bloccate da una torre al 250 Water.

Ora una nuova proposta di riqualificazione si fa largo: la Howard Hughes Corporation, che ha acquistato il lotto di 48.000 piedi quadrati per la cifra di 180 milioni di dollari nel 2018, ha svelato un piano per ripulire il mercurio sotto la proprietà (era il sito di una fabbrica di termometri) e dare l’ok ad una nuova costruzione ad uso misto da 1,4 miliardi di dollari, alta 470 piedi. Chris Cooper e un team di architetti di Skidmore, Owings & Merrill produrranno il progetto progetto.

Hanno immaginato un paio di torri residenziali di 38 piani che si innalzano da un podio di sei piani con uffici, negozi e spazi per la comunità. La disposizione del podio e delle torri è un tentativo di negoziare la difficile ma cruciale transizione tra il porto marittimo e gli edifici moderni più alti immediatamente intorno ad esso. Il piano originale prevedeva 260 condomini di mercato che occupavano le torri insieme a un massimo di 100 unità sovvenzionate per inquilini che rappresentavano in media il 40% del reddito medio dell’area, un numero significativo in un quartiere benestante.

commissioni degli immobili cooperativi

New York, d’ora in poi le commissioni degli immobili cooperativi dovranno spiegare i loro “no”

New York, d’ora in poi le commissioni degli immobili cooperativi dovranno spiegare i loro “no”

I legislatori statali stanno proponendo nuove regole che richiederebbero ai consigli delle cooperative di New York City di dichiarare il motivo per cui hanno rifiutato un potenziale acquirente di appartamenti, cercando di porre fine a una pratica di lunga data che secondo i critici facilita la discriminazione abitativa. Ne parla il Wall Street Journal secondo cui il disegno di legge del Senato dello Stato, sponsorizzato dal presidente del comitato per gli alloggi Brian Kavanagh (D., Manhattan), afferma che le cooperative residenziali e le commissioni condominiali dovrebbero fornire spiegazioni scritte quando decidono di rifiutare i candidati che desiderano acquistare nel loro edificio. Secondo la legge attuale, i consigli di amministrazione non sono tenuti a fornire alcuna motivazione e raramente lo fanno.

I Democratici hanno introdotto una versione di questo disegno di legge molte volte in passato, ma è fallita miseramente perché alcuni legislatori si sono dimostrati favorevoli alle obiezioni dei comitati cooperativi, che temono di aprirsi a ulteriori controversie. Gli sponsor credono che ci siano maggiori possibilità di passare nell’ormai solidamente progressista legislatura dello Stato di New York, e sperano di portarla a una votazione quest’anno.

I residenti di una cooperativa non possiedono i loro appartamenti, ma piuttosto acquistano azioni in un edificio in comproprietà, una pratica immobiliare che esiste dalla fine del XIX secolo. Condividendo edifici con altri inquilini, nel tempo, i residenti hanno ritenuto di poter avere un maggiore controllo sui lavori di ristrutturazione e su chi potrebbero essere i loro vicini. Le cooperative erano spesso finanziariamente più stabili rispetto ad altri tipi di edifici durante le recessioni economiche, perché potevano negare le vendite a potenziali acquirenti che dovevano prendere in prestito (pesantemente) per acquistare.

Le commissioni degli immobili cooperativi possono rifiutare potenziali residenti per qualsiasi motivo non protetto dalle leggi antidiscriminatorie locali e federali. Ma i sostenitori di un alloggio equo affermano che la mancanza di responsabilità o trasparenza di un consiglio nel processo decisionale apra la porta alla discriminazione, basata sulla razza, l’orientamento sessuale o la religione di un potenziale acquirente. Vedremo che piega prenderà nel misterioso mondo delle co-op.

architettura

Reconstructions: il legame tra architettura e blackness in America in mostra al MoMA

Reconstructions: il legame tra architettura e blackness in America in mostra al MoMA

In che modo la razza e il senso dello spazio plasmano l’architettura delle città americane? Ce lo spiega la prima mostra del MoMA – Museum of Modern Art dedicata al legame tra l’architettura e gli spazi delle comunità della diaspora afroamericana e africana. Titolo: Reconstructions – Architecture and Blackness in America. Sono 11 le opere recentemente commissionate da architetti, designer e artisti che esplorano il modo in cui le storie possono trovare visibilità e giustizia, toccando anche il ramo in cui gli agenti immobiliari di Columbus International sono esperti: il real estate.

Secoli di privazione dei diritti civili e violenza razziale hanno portato ad un ambiente di costruzione e svilippo che non solo è compromesso ma, come sostiene lo scrittore e critico Ta-Nehisi Coates, “mette in discussione anche la verità su chi sei”. Il MoMA raccoglie così un’eredità di quartieri separati, infrastrutture compromesse, tossine ambientali e accesso ineguale alle istituzioni finanziarie ed educative. Ogni progetto in mostra propone un intervento in una delle 10 città: dai portici di Miami e il bayous di New Orleans alle autostrade di Oakland e Syracuse.

Reconstructions esamina le intersezioni tra razzismo e Blackness all’interno degli spazi urbani intesi come siti di resistenza e rifiuto, tentando di riparare ciò che significa essere americani. Reconstructions include opere di Emanuel Admassu, Germane Barnes, Sekou Cooke, J. Yolande Daniels, Felecia Davis, Mario Gooden, Walter Hood, Olalekan Jeyifous, V. Mitch McEwen e Amanda Williams, oltre a nuove fotografie e un film dell’artista David Hartt.

Foto: MoMA

Manhattan immobiliare

Il lavoro da remoto è qui per restare. Manhattan accetta la sfida immobiliare e rilancia gli uffici

Manhattan accetta la sfida immobiliare e rilancia gli uffici. Il lavoro da remoto è qui per restare.

Il quartier generale di Spotify negli Stati Uniti occupa 16 piani del 4 World Trade Center, imponente edificio per uffici a Lower Manhattan, il primo a sorgere sul cratere causato dagli attacchi terroristici del 2001. I suoi uffici potrebbero non essere mai più pieni come prima: Spotify ha appena fatto sapere ai dipendenti che potranno lavorare ovunque, anche in un altro Stato. Qualche piano più in basso, MediaMath, una società di tecnologia pubblicitaria, sta progettando di abbandonare il suo spazio, una decisione alimentata dai suoi nuovi accordi di lavoro a distanza durante la pandemia. A Midtown Manhattan, Salesforce, a cornice di un edificio di 190 metri che si affaccia su Bryant Park, si aspetta che i lavoratori siano in ufficio solo uno o tre giorni alla settimana. Uno studio legale attiguo, Lowenstein Sandler, sta valutando l’opportunità di rinnovare il contratto di locazione per l’ufficio di Avenue of the Americas, dove 140 avvocati lavoravano cinque giorni alla settimana. “Sono riuscito a trovare poche persone, me compreso, che pensano che torneremo com’era”, ha detto Joseph J. Palermo, direttore operativo dell’azienda, al New York Times.

La domanda, a un anno dal coronavirus, è una sola: lo straordinario esodo di lavoratori dagli uffici è un “inconveniente a breve termine” oppure ora sta chiaramente diventando un cambiamento permanente e tettonico nel modo (e nel luogo) in cui le persone esercitano il proprio mestiere? Sia i datori di lavoro che i dipendenti hanno abbracciato i vantaggi del lavoro a distanza, inclusi i minori costi di ufficio e una maggiore flessibilità per i dipendenti, in particolare quelli con le famiglie, scrive il giornalista Matthew Haag. Ma nessuna città degli Stati Uniti, e forse del mondo, deve fare i conti con questa trasformazione più di New York, e in particolare Manhattan, un’isola del real estate la cui economia è sostenuta dal venditore di hot dog all’angolo ai teatri di Broadway, per oltre 1,6 milioni di pendolari ogni giorno.

I proprietari di immobili commerciali a Manhattan si erano affacciati al vecchio anno con ottimismo, cavalcando una domanda costante di spazi per uffici, prezzi record in alcuni quartieri e il più grande boom edilizio dagli anni Ottanta. Da dodici mesi a questa parte, i proprietari di immobili si sono trovati improvvisamente a rincorrere l’affitto non pagato, negoziare piani di rimborso con gli inquilini e offrire sconti profondi per riempire lo spazio vuoto. Circa il 90 per cento degli impiegati di Manhattan lavora da remoto, tasso rimasto invariato per mesi, secondo un sondaggio condotto da Partnership for New York City. “Tornare in ufficio con il 100 per cento delle persone, il 100 per cento delle volte, penso che non ci sia possibilità che ciò accada”, ha detto Daniel Pinto, co-presidente e direttore operativo di JPMorgan, in un’intervista a febbraio su CNBC. “Per tutti quelli che lavorano da casa tutto il tempo, dico loro che ci sono anche in quel caso zero possibilità di farlo”.

Noi di Columbus International sappiamo bene che gli immobili e gli edifici commerciali contribuiscono per quasi la metà alle entrate fiscali della città. Per la prima volta in vent’anni, New York prevede che le entrate fiscali sulla proprietà diminuiranno di circa 2,5 miliardi di dollari nel prossimo anno fiscale. Tuttavia – aguzzate bene le orecchie – New York è destinata a ricevere un significativo push federale dal pacchetto di stimoli da 1,9 trilioni di dollari: 5,95 miliardi di dollari in aiuti diretti e altri 4 miliardi di dollari per le scuole, ha detto una portavoce del municipio. La quantità di spazi per uffici a Manhattan sul mercato è aumentata negli ultimi mesi a 101 milioni di piedi quadrati, circa il 37 per cento in più rispetto a un anno fa e più di tutti gli uffici combinati nel centro di Los Angeles, Atlanta e Dallas.

Guidato da alcune delle più grandi aziende del mondo, il settore tecnologico ha ampliato la sua presenza a New York durante la pandemia. Facebook ha aggiunto 1 milione di piedi quadrati di uffici a Manhattan e Apple ha aggiunto due piani in un edificio a Midtown. E l’ondata di immobili commerciali disponibili è stata un enorme vantaggio per alcune nuove imprese che sono state in grado di trovare spazi con affitti inferiori rispetto a prima della pandemia. Innegabile sia un periodo storico di grande transizione ma, al tempo stesso, è anche arrivato il momento per tutto quello che avete sempre sognato, in termini di vantaggi fiscali e immobiliari: lavorare fisicamente nella città più amata del mondo, a costi ridotti.