Rivoluzionare il panorama dell’ufficio attraverso un’iniezione di flessibilità è una sfida affrontata con coraggio. Tuttavia, la rigidità onerosa dei contratti di locazione con i grandi proprietari ha portato WeWork, il gigante americano degli spazi di lavoro condivisi, a presentare istanza di fallimento invocando il Chapter 11. La pandemia ha gettato un’ombra prolungata sul mercato degli uffici negli Stati Uniti, con metri quadrati vuoti e canoni in declino, un quadro che la situazione di WeWork rischia di aggravare. I dirigenti di WeWork assicurano che tale scenario è circoscritto agli Stati Uniti e al Canada, con New York che subirà la chiusura di oltre 40 contratti di locazione, come dichiarato nell’istanza depositata dalla società.
Secondo l’Office Report Q3 di Jll, ripreso dal Sole24Ore, dal 2019 il leasing di uffici negli Stati Uniti è diminuito del 35%, mentre gli affitti hanno registrato un calo del 6%. A settembre, le insolvenze sui prestiti per gli edifici destinati agli uffici sono triplicate rispetto allo stesso mese del 2022, raggiungendo circa il 6%. Nel terzo trimestre, l’assorbimento netto di spazi ufficio è diminuito di 1,7 milioni di metri quadrati, portando a una perdita totale di oltre 4,7 milioni di metri quadrati destinati agli uffici in un solo anno. Il tasso di vacanza è cresciuto del 39% nel trimestre, raggiungendo il 21%, mentre i nuovi spazi direzionali in costruzione sono stati solo 730mila metri quadrati nell’ultimo anno, preludendo a una futura scarsità di offerta rispetto alla domanda, con conseguente pressione sui prezzi.
George Schultze, fondatore di Schultze Asset Management Llp, sottolinea su Forbes che WeWork è un esempio estremo, ma il mercato immobiliare commerciale nel complesso è preoccupante. Gli investitori che hanno finanziato prestiti a bassi tassi ora si trovano in difficoltà con l’incremento dei tassi a breve termine oltre il 5%, e ciò avrà un impatto negativo sui flussi di cassa e sui valori di mercato degli uffici, complicando il rifinanziamento nei prossimi 12-18 mesi, secondo Moody’s. Nareit segnala una diminuzione dal 14% al 4% del valore di mercato degli uffici nei fondi comuni di investimento immobiliare quotati in borsa rispetto al 2015. Tuttavia, la domanda per gli uffici prime, quelli nuovi e di fascia alta, rimane relativamente sana. Mentre gli affitti sono aumentati del 4% mediamente dal 2019, Nareit sottolinea che, nonostante siano innovativi, i coworking rimarranno una nicchia.
Il dibattito sulla direzione futura del settore degli uffici è aperto. Secondo Jose Pellicer di M&G Real Estate, il lavoro ibrido post-pandemia spinge i tenant a ridurre gli spazi, ma la situazione negli Stati Uniti è diversa da quella in Europa. La percentuale di rientro è del 50% negli Stati Uniti e del 75% in Europa, guidata da fattori come dimensioni abitative più ridotte e tempi di spostamento più brevi. Julie Whelan, Global Head of Occupier Thought Leadership di Cbre, suggerisce che, nonostante le difficoltà di WeWork, c’è una crescente domanda per accordi di leasing flessibili che rispondano a scenari di pianificazione dello spazio sempre più complessi. Tuttavia, la sfida principale di WeWork sembra derivare dal suo modello di business legato a impegni di locazione a lungo termine precedentemente assunti, confrontandosi ora con costi significativi in un contesto di aumento dei tassi di interesse. Nel recente sondaggio Market Live Pulse di Bloomberg, il 65% degli investitori ritiene che il mercato degli uffici negli Stati Uniti riprenderà solo dopo aver toccato il fondo, prevedendo il recupero solo nella seconda metà del 2024 secondo due terzi dei partecipanti.