Mercato immobiliare New York

New York in testa nella Champions League del real estate. E il fee del broker è qui per restare

Champions League del real estate New York in testa. E il fee del broker è qui per restare

Oltre a sborsare l’affitto e i depositi cauzionali nel mercato degli affitti di New York City, molti potenziali inquilini alla ricerca di un appartamento devono affrontare un altro costo importante: una commissione di intermediazione. Come sanno parecchi nostri clienti, quel fee, un pagamento una tantum che in genere è compreso tra il 10 e il 15 percento dell’importo del contratto di locazione annuale, viene pagato dal locatario al broker nel listing indipendentemente dal fatto che il broker abbia aiutato l’inquilino a trovare l’unità e firmare il contratto di locazione.

Per un appartamento da $2.500 al mese, ad esempio, la tariffa potrebbe arrivare a $4.500. Prima che gli affittuari ricevano le chiavi di un nuovo appartamento, probabilmente dovranno pagare quella quota in aggiunta all’affitto del primo mese e un deposito cauzionale, che di solito è pari a un mese di affitto. Il tutto ammonta a molte migliaia di dollari.

Questa settimana, lo Stato di New York ha chiarito in una nuova guida al settore immobiliare che le commissioni dei broker erano legali, assicurando che nell’era digitale dei tour virtuali, sarebbe sopravvissuta una traccia di listings pre-Internet. Ecco cosa significa per gli affittuari secondo uno speciale del New York Times.

Le commissioni dei broker non sono state recentemente bandite a New York?

Sì, ma solo per un brevissimo periodo all’inizio del 2020. Poco prima che la pandemia colpisse la città, il Dipartimento di Stato di New York, che interpreta le leggi e fornisce indicazioni basate su tali interpretazioni, ha affermato che in base alle leggi sulla protezione degli affitti approvate dalla Legislatura dello Stato nel 2019, la riscossione delle commissioni di intermediazione è stata vietata. La suite di leggi aveva lo scopo di rafforzare i diritti degli inquilini. L’annuncio ha sbalordito broker, affittuari e persino alcuni legislatori, che non avevano considerato una limitazione sulle commissioni dei broker quando hanno approvato le leggi nel 2019, il che ha imposto limiti su altri tipi di canoni di locazione. Tecnicamente, le commissioni dei broker sono state vietate per alcune settimane nel febbraio 2020, dal momento in cui lo stato ha dichiarato che non potevano essere riscosse fino a quando un giudice statale ha interrotto la sentenza dopo che il più grande gruppo di lobby immobiliare dello stato, il Real Estate Board di New York City, ha intentato una causa. Il gruppo alla fine ha vinto la causa e, sulla base di ciò, lo stato ha aggiornato la sua guida.

Perché esistono commissioni di intermediazione?

Prima di Internet e degli smartphone, i proprietari e gli intermediari erano i guardiani delle unità disponibili e dovevano darsi da fare per inserire gli appartamenti in una serie di pubblicazioni, rispondere alle chiamate, organizzare tour e gestire tutte le pratiche burocratiche necessarie. È stato un grande investimento di tempo e impegno, quindi i broker hanno cominciato a ricevere una commissione sotto forma di una commissione una tantum. Noi di Columbus International sappiamo che quel sistema possa sembrare arcaico, oggi, quando un potenziale inquilino può trovare un appartamento online, in molti casi lo visita virtualmente dal proprio telefono e non incontra mai un agente in carne ed ossa. È sembrato ancora più irrilevante durante la pandemia, poiché molti proprietari e broker, per motivi di allontanamento sociale, incoraggiavano gli affittuari a visionare gli appartamenti di persona da soli. Le cose però, concretamente, funzionano solo se alla guida del processo c’è un “Capitano” dell’immobiliare che, al termine della Champions League, sa consigliarvi, indicarvi e infine farvi portare a casa l’affitto o la vendita che da sempre sognavate, come spiega il fondatore di Columbus International Richard Tayar a ReQuadro.

Iginio Massari apre a Firenze. Il Maestro della pasticceria sceglie il centro storico e cerca dipendenti

Iginio Massari apre a Firenze. Il Maestro della pasticceria italiana sceglie il centro storico e cerca dipendenti

Alta pasticceria fa rima con alto real estate. Pensare che tutto sia partito dalla Pasticceria Veneto a Brescia, dove Iginio Massari ha saggiamente rivoluzionato il business diventando, di fatto, il migliore pasticcere d’Italia, con un brand conosciuto a livello internazionale e spedizioni in Austria, Francia, Irlanda, Germania, Lussemburgo, non lascia alcun dubbio: l’azienda, in continua espansione, doveva prima o poi conquistare anche Firenze (casa per noi di Columbus International). Dopo i quattro punti vendita di Brescia, Milano, Torino e Verona, l’impresa di famiglia, a cui si aggiungono Debora e Nicola, i figli del Mastro pasticciere, cambia di nuovo il volto dell’e-commerce, gestendo anche la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti.

Non solo sono stati depositati tre brevetti sia nel campo della meccanica che della tecnologia alimentare, ma il ramo immobiliare li segue appassionatamente. “L’apertura è prevista tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, imprevisti permettendo. Quello di Firenze sarà il nostro punto vendita più grande, con una bellissima sala interna. Al dehor ancora non abbiamo pensato, dovremo sentire il Comune” fa sapere la figlia di Iginio Massari.

Sul canale social ufficiale, intanto, si legge: “Cerchiamo pasticceri residenti a Firenze e limitrofi o disposti a trasferirsi. Esperienza di minimo 5 anni; forte orientamento alla qualità; fine manualità; capacità di lavorare all’interno di un team; capacità di apprendere in maniera veloce; disponibilità immediata per trasferimento a Brescia per la Formazione”.

Secondo Firenze Today, il luogo non è ancora confermato ma sarà in centro a Firenze e nella zona di piazza della Repubblica. Che sia il cantiere aperto in via dei Vecchietti? Proprio lì si trova un “intervento di restauro e risanamento dell’immobile originariamente del Banco di Roma di Firenze, finalizzato all’ampliamento dell’albergo Bristol ed alla creazione di due unità con destinazione commerciale”, si legge nella nota del cantiere edile. Data la proporzione delle “due unità”, la pasticceria potrebbe sorgere in quel perimetro. Alta pasticceria accanto all’alta classe di Bulgari e Cartier.

Talento, passione, dedizione e ferrea disciplina professionale sono soltanto alcune delle caratteristiche che hanno portato il bresciano Iginio Massari ad essere considerato il più grande Maestro Pasticcere italiano nel mondo, con il merito di aver elevato la cultura della pasticceria italiana alla sua massima espressione. Dopo una prima formazione nei cantoni francesi della Svizzera a fianco del Maestro Pasticcere Claude Gerber e una lunga esperienza come consulente per l’industria alimentare, ha scelto di dedicarsi alla pasticceria artigianale spinto anche dalla moglie, la quale, nel 1971, lo ha esortato ad aprire la Pasticceria Veneto. La sua filosofia è semplice: ricerca la perfezione e non smettere mai. Una visione diventata ragion d’essere, un impegno che si riflette nella sua lunga carriera costellata di successi, con oltre 300 tra concorsi vinti, premi e riconoscimenti nazionali e internazionali.

Firenze, tieniti forte!

Foto via Facebook

Dalla Silicon Valley a Miami: dimenticate San Francisco, la nuova terra dell’immobiliare si scopre hi-tech

Dalla Silicon Valley a Miami: dimenticate San Francisco, la nuova terra dell’immobiliare si scopre hi-tech

San Francisco ha fatto la sua parte. La Silicon Valley è diventata l’epicentro della rivoluzione tecnologica che ha cambiato il mondo. Ed ora che ne è di quella corsa all’oro che ha trasformato per sempre anche il settore dell’immobiliare? Se San Francisco è stata, fino a poco tempo fa, la mecca dei giovani a caccia di fortune, con il passare del tempo e l’arrivo di un numero sempre maggiore di “sognanti amministratori delegati”, gli affitti e i prezzi delle case sono diventati talmente esorbitanti (senza contare la tassazione) da far esplodere nel giro di poco quella bolla tech.

Con l’aumento dei costi, la qualità della vita è peggiorata. Le strade sono sporche e i residenti devono affrontare un livello spaventoso di criminalità e un uso aperto di droghe. Con la pandemia, le persone hanno iniziato ad andarsene. La prima ondata di persone e aziende di alto profilo in partenza dalla California includeva Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo che, per un breve momento, ha soppiantato Jeff Bezos. Musk, amministratore delegato di Tesla, si è per primo stancato di combattere i burocrati e al Wall Street Journal ha detto: “Mi sono trasferito in Texas. Abbiamo lo sviluppo della Starship qui nel Sud del Texas Abbiamo anche grandi sviluppi di fabbrica appena fuori Austin”.

Dopo qualche mese, Miami, apparentemente dal nulla, ha iniziato a catturare l’attenzione dei migranti tecnologici della California. Il venture capitalist Delian Asparouhov ha cominciato ad avviare un “fenomeno di trasloco dalla Silicon Valley a Miami” in un tweet, semplicemente scrivendo: “Ok ragazzi ascoltatemi, e se trasferiamo la Silicon Valley a Miami?”. Francis Suarez, il sindaco repubblicano di Miami, ha risposto: “Come posso aiutarti?”. Il tweet ha ottenuto 2.3 milioni di impressioni. Era organico, ha centrato un nervo semi-scoperto.

Sin dai primi tweet, Suarez ha corteggiato attivamente dirigenti tecnologici di alto livello. Ha comunicato con Elon Musk, il CEO di Twitter Jack Dorsey, l’ex CEO di Google Eric Schmidt e Peter Thiel, il presidente di Palantir. Secondo Forbes, Suarez sostiene che Miami offrirà un ambiente favorevole alle imprese e risponderà alle esigenze delle società tecnologiche in arrivo. E intanto Suarez promette di assumere il primo funzionario tecnologico della città per fornire “servizi di portineria” alle società che un tempo avevano sede a Miami. Una strategia di aiuto e sostegno alle aziende, mentre la California non mostra loro l’amore e l’attenzione che meritano.

La cucina italiana guida la ripresa di New York con Osteria Carlina nel cuore del West Village

La cucina italiana guida la ripresa di New York con Osteria Carlina nel cuore del West Village

“Your new favorite spot in town is coming…” annunciava l’account Facebook di Osteria Carlina lo scorso marzo, quando ancora il futuro dell’immobiliare (e della ristorazione) era incerto e senza un vero “menu” o una ricetta sul tavolo per capire come sarebbero stati i prossimi mesi. Ora che New York riapre, senza confini e gonfia di eventi, arriva una nuova osteria nel cuore del West Village.

Già cinque anni fa, la cucina torinese era approdata a Manhattan, nella sua forma più tradizionale e genuina, grazie all’intuizione di un gruppo di amici torinesi ed uno di Tortona: insieme avevano aperto a Soho l’Osteria San Carlo. Nonostante la pandemia, il locale è riuscito con tenacia a portarsi avanti con i servizi a domicilio. E da quel momento, uno dei soci, Moreno Cerutti, ha raddoppiato la sua dose di ottimismo creando un secondo locale, Osteria Carlina, frutto anche di un buon compromesso con i prezzi vantaggiosi che offre oggi il real estate.

Il nuovo ristorante, al 455 di Hudson Street, è il coronamento del sogno di Cerutti e di sua moglie Christina, americana di origini greche. A La Voce di New York Cerutti ha raccontato così la sua nuova avventura imprenditoriale: “La mia avventura con la ristorazione newyorchese è cominciata nel 2016 con l’apertura del ristorante San Carlo a Soho, progetto voluto e portato avanti negli anni. Nel 2017 poi ho conosciuto una ragazza americana, Christina, di famiglia greca, da dieci anni a New York e con anni di esperienza nel Regno Unito nel campo della ristorazione”. Il sogno si è concretizzato proprio in piena pandemia. Ricorda: “Era il settembre 2020, non avevamo idea di come e soprattutto quando l’emergenza sanitaria sarebbe finita, così ne abbiamo approfittato per studiare nel dettaglio il nostro progetto. Il momento storico dava l’opportunità di rilevare immobili a prezzi medio-bassi ed abbiamo trovato questo gioiellino nel Greenwich Village, una zona storica e splendida. Ci siamo autofinanziati e, con l’aiuto di amici, che hanno contribuito al 40%, abbiamo rilevato il locale”.

Siamo tra i primi ad entrare a Little Island, una nuova oasi verde di New York sul fiume Hudson

Siamo tra i primi ad entrare a Little Island, una nuova oasi verde di New York sul fiume Hudson

Un nuovo parco da 260 milioni di dollari che galleggia sull’Hudson. Eccolo qui! Columbus International è tra i primi ad entrare a Little Island, un progetto sviluppato da Barry Diller, un’isoletta urbana che vanta un anfiteatro e viste spettacolari con un’apertura sull’Hudson River Park a 360 gradi.

Little Island sorge proprio sul fiume Hudson e sembra aprirsi come una scia di mongolfiere rovesciate sull’acqua in un mazzo di colonne a forma di tulipano. Fuori è un piacere per gli occhi. Dentro è incanto puro.

Ci troviamo in linea d’aria sula 13ma Strada e anche se ora sembra tutto calmo e pacifico, come accade sempre nella città di New York, nulla qui è costruito senza lottare. Per anni, infatti, in tribunale si è tentato di bloccare il progetto. L’idea di un ‘parco nel parco’ è stata concepita quasi 10 anni fa per sostituire il molo numero 54 nel West Side di Manhattan.

Nel 1912 il transatlantico Carpathia trasportò i sopravvissuti del Titanic proprio sul Pier 54. Negli ultimi anni il molo era diventato un luogo per concerti all’aperto prima di mettere in allarme i funzionari del parco che si sono avvicinati a Diller (il suo quartier generale si trova tra Chelsea e West Village) e a sua volta Diller ha arruolato Thomas Heatherwick, il designer inglese che lavora con un team di 200 architetti in tutto il mondo (suo anche il Vessel a Hudson Yards).

Dopo una serie di sfide legali e un accordo mediato dal governatore di New York, Andrew Cuomo, alla fine il progetto è stato approvato: una piattaforma ondulata, con dei bellissimi alberi piantati assieme a fiori ed erba, e un anfiteatro per spettacoli e concerti. 687 posti affacciati sull’acqua, tutto su misura per guardare il tramonto sorseggiando Bellini.

Sul punto più alto dell’isola, troviamo, infine, un nido d’erba verde con alberi di cornioli fioriti e un sentiero profumato dalle azalee dei boschi. Le colonne di Heatherwick fanno capolino da una collina qua e là ma, a parte il grande arco di bulbi di tulipani giganti all’ingresso, non invadono mai la vista.

Come scrive il New York Times, Little Island ricorda più una tenuta privata del 18mo Secolo che un parco cittadino. Una tenuta che costerà, in termini di manutenzione, una fortuna alla città. Ma la fondazione della famiglia Diller ha promesso che assorbirà i costi per i prossimi 20 anni.

La Lombardia è la regione con più transazioni in Italia

Vi mostriamo da dove arrivano gli acquirenti che comprano casa a Milano (Ufficio Studi Tecnocasa)

Vi mostriamo da dove arrivano gli acquirenti che comprano casa a Milano (Ufficio Studi Tecnocasa)

L’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha analizzato le compravendite realizzate nel primo semestre dello scorso anno nel comune di Milano. L’obiettivo? Capire da dove arrivano gli acquirenti che acquistano nel capoluogo lombardo e quali sono le loro scelte. Nella prima parte dell’anno precedente, si legge nel report, il 92,0% delle persone che ha comprato casa a Milano ha cittadinanza italiana, mentre nell’8,0% dei casi si tratta di stranieri (comunitari ed extracomunitari). La percentuale di compravendite da parte di stranieri si dimostra in calo negli ultimi anni: si passa dall’11,0% del 2018 all’8,9% del 2019, fino a toccare l’8,0% di quest’anno. Nel post-Covid, però, la tendenza sta cambiando giorno dopo giorno, con una risalita dell’interesse da parte dei clienti stranieri.

Da dove arrivano gli italiani che acquistano a Milano
“Per quanto riguarda gli acquirenti italiani, chi compra a Milano nell’82,7% dei casi è già residente in città, il 5,2% arriva dalla provincia di Milano ed il 12,1% proviene da altre province e da altre regioni. Si tratta di percentuali molto simili a quelle registrate un anno fa, con un lieve aumento della percentuale di coloro che arrivano da altre province italiane, si passa infatti dal 10,9% all’attuale 12,1%”.

Motivo dell’acquisto per chi è straniero
L’analisi dell’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa si sofferma sul motivo dell’acquisto da parte di chi proviene da fuori città: “Nel primo semestre del 2020 un terzo di queste compravendite riguardavano l’investimento, mentre nel 66,7% riguardavano la prima casa. Un anno fa, nel primo semestre del 2019, la percentuale di acquisti di prima casa da parte di acquirenti in arrivo da fuori Milano era più alta ed arrivava al 74,6%, gli acquisti per investimento si fermavano invece al 25,4%”.

Broadway riapre. Ma non fino a settembre. Ecco cosa significa per l’immobiliare e il turismo a New York

Broadway riapre a New York. Ma non fino a settembre. Ecco cosa significa per l’immobiliare e il turismo.

Broadway riapre a New York! Ma non fino a settembre. Siamo andati a raccogliere i primi segni di vita: le compagnie inizieranno a vendere i biglietti per spettacoli a pieno regime a partire dal 14 settembre. Perché un’attesa di quattro mesi? Con fino a otto spettacoli a settimana da riempire e i turisti che costituiscono una fetta importante dell’economia (e del real estate) di New York, i produttori hanno bisogno di tempo per distribuire pubblicità e commercializzare gli show. L’estate li vedrà tutti impegnati a rimontare e provare; gli attori sono senza lavoro da più di un anno. E hanno bisogno di risolvere e negoziare i protocolli di sicurezza.

Ma la ragione principale è più un fatto di “pancia”: individualmente e collettivamente, maestranze ed organizzatori stanno cercando di immaginare quando, verosimilmente, sarà probabile che un gran numero di persone si senta a proprio agio dirigendosi tra le arterie colorate di Times Square, incanalandosi attraverso lobby anguste e camminando lungo i corridoi stretti per sedersi spalla a spalla con degli estranei.

La maggior parte degli spettacoli di Broadway perde denaro anche nei momenti migliori, quindi i produttori dicono che non c’è modo di potersi permettere di riaprire con l’allontanamento sociale, dati gli alti costi del lavoro e degli immobili del settore. Noi rimaniamo fiduciosi e con lo sguardo rivolto all’autunno.

Gli effetti della pandemia su Firenze

Gli effetti della pandemia su Firenze: ecco il ritratto di chi compra casa per investimento nel post-Covid

Gli effetti della pandemia su Firenze: ecco il ritratto di chi compra casa per investimento nel post-Covid

Gli effetti della pandemia su Firenze, come cambia l’Italia e come cambiano gli acquirenti e i venditori italiani nel giro di un anno terribile, ce lo dicono i dati dell’Ufficio studi del Gruppo Tecnocasa, che ha analizzato le transazioni nell’anno dello scoppio della pandemia e in quello precedente, attraverso le agenzie affiliate in Italia, come riporta Immobiliare.it.

Secondo il report, “gli effetti del Covid-19 hanno infatti rallentato le compravendite e frenato sia gli acquisti per mettere a reddito sia quelli per l’avviamento di attività turistiche come B&B e case vacanza”. A partire dal 2017 la percentuale di acquisti per investimento si era fermata intorno al 18%, ma la recente discesa li riporta ai livelli del 2015 (con quei valori rimasti fissi al 16,3%).

A Milano gli acquisti per investimento coprono circa un quarto delle transazioni, il 24,1%. Un andamento simile a Firenze a quota 25,6%.

La fetta di popolazione più attiva sul mercato dell’investimento immobiliare è quella di età compresa tra 45 e 54 anni. Rispetto a due anni fa, si registra un calo della percentuale di acquisti da parte degli over 65: si passa dal 15,1% all’attuale 12,8%. Inoltre, a investire sul mattone, prosegue il report, sono in maggioranza coppie e famiglie, che compongono il 73,9% sul totale degli acquirenti. È single il rimanente 26,1% degli investitori.

Mercato immobiliare Stati Uniti

L’uso delle criptomonete nel mercato immobiliare: dite addio a notai, documenti e attestati di proprietà

L’uso delle criptomonete nel mercato immobiliare: dite addio a notai, documenti e attestati di proprietà

Criptomonete nel mercato immobiliare, gli agenti immobiliari del Sud della Florida sostengono che ci sia un vero e proprio “risveglio”. E voi ci credete? Ad un’analisi attenta, il real estate è così competitivo, soprattutto a Miami, in questo momento, che gli acquirenti del nord-est stanno facendo offerte in contanti. Ora, molte persone prediligono altri metodi, più “creativi”, per acquistare case, incluso l’utilizzo di criptovalute.

Da qualche mese, in Florida, i venditori possono indicare se accettare o meno la criptovaluta in un’offerta, fenomeno indicativo del fatto che la criptovaluta sia decisamente in aumento. E non solo per il pieno di spettatori fatto da Elon Musk, l’imprenditore affiancato dalla cantante Miley Cyrus durante il Saturday Night Live dell’8 maggio su Nbc. Stiamo assistendo ad un incredibile aumento di Bitcoin e criptovalute nel settore delle offerte immobiliari. Dopo la pandemia, la Florida ha visto un gran numero di titani esperti di tecnologia e della finanza arrivare dalla Silicon Valley e da New York. Sono proprio loro i “nuovi clienti del real estate”, quelli che stanno facendo offerte in criptovaluta e non sono affatto intenzionati a tornare ai “vecchi modelli”.

Come riporta il Corriere della Sera, trasparente, sicura e allergica a qualsiasi forma di controllo, blockchain letteralmente significa “catena di blocchi”, nasce nel 2008 insieme ai bitcoin ma sempre più numerosi sono i possibili utilizzi, oltre agli investimenti nelle criptovalute. Per mettere in vendita il suo appartamento, un informatico invece di affidarsi a un’agenzia immobiliare ha sfruttato una nuova piattaforma, Propy, per raggiungere potenziali compratori in tutto il mondo. Su questa piattaforma è stato contattato dall’americano Michael Arrington che ha acquistato l’abitazione. Senza bisogno di notai, documenti o attestati di proprietà.

Foto via André François McKenzie @silverhousehd / Unsplash

Downtown Brooklyn

Ora potete affittare la casa dei Tenenbaum a Harlem. È sul mercato l’icona del film di Wes Anderson

Ora potete affittare la casa dei Tenenbaum a Harlem. È sul mercato l’icona del film di Wes Anderson

La casa di culto del film di Wes Anderson del 2001 è sul mercato, completamente arredata, per 20.000 dollari al mese. Quando è uscito The Royal Tenenbaums (I Tenenbaum, in italiano), il regista aveva detto all’Observer: “Abbiamo passato mesi a cercare case diverse. Doveva essere una casa di New York che non fosse stereotipata e dove avresti avuto un forte senso della storia familiare”. Prima ancora che la sceneggiatura fosse finita, Anderson ha trovato la casa di Archer Avenue, che in realtà si trova al 339 Convent Avenue (sulla 144th Street) a Hamilton Heights di Harlem. “Ha una qualità da libro di fiabe”, dirà Anderson.

Molto prima che la famiglia disfunzionale descritta da Anderson si trasferisse lì, era la casa dell’avvocato americano Charles H. Tuttle, e “diverse illustri personalità di New York, come Fiorello LaGuardia e James Russel Parson, erano ospiti abituali”. Nella casa dei Tenenbaum ci sono sei camere da letto, 4,5 bagni, una cucina da maggiordomo, una cucina da chef, sei caminetti, un ascensore e oltre 50 finestre. La proprietà è anche convenientemente situata vicino alla fermata A / B / C / D sulla 145th Street, ma se vivete da quella parte, potreste sperare in un mezzo di trasporto un po ‘più stravagante, come una sidecar con Bill Murray a bordo!

Foto via Google Maps