A Milano un nuovo museo d’arte, tra preziosi reperti etruschi e opere di arte contemporanea

Milano ha ufficialmente un nuovo museo, situato in una delle più prestigiose zone del centro. È il Museo d’Arte della Fondazione Luigi Rovati, che ha sede in uno dei palazzi nobili di Corso Venezia, al civico 52, ex palazzo Bocconi, quindi Rizzoli. Come riporta Il Sole 24 Ore, definire semplicemente museo questa realtà culturale è riduttivo: la Fondazione Luigi Rovati, che nel palazzo ha sede, oltre all’attività museale con la collezione rara di cimeli etruschi e di opere contemporanee, organizza mostre, cicli di conferenze, seminari di studio e ricerca, iniziative sociali di promozione culturale e scientifica.

La Fondazione intitolata a Luigi Rovati, il medico monzese fondatore di Rottapharm scomparso nel 2019, è sostenuta di Fidim, holding di partecipazione della famiglia Rovati, ed è presieduta dal figlio Lucio e dalla moglie Giovanna Forlanelli, mentre Salvatore Settis è coordinatore del comitato scientifico. Il palazzo risale al 1871; dal 1888 fu proprietà della famiglia Bocconi, successivamente, nel 1958, passò ai Rizzoli, i cui eredi lo hanno venduto nel 2015 ai Rovati.

Ecco che l’anno seguente nasce la Fondazione, che incarica MCA-Mario Cucinella Architects del progetto di recupero del palazzo, oltre che dell’ampliamento finalizzato ad ospitare la raccolta di reperti etruschi della Fondazione, insieme alle opere della collezione contemporanea, che include lavori di Andy Warhol, Lucio Fontana, William Kentridge, Pablo Picasso, Arturo Martini, Luigi Ontani.

Foto via Fondazione Luigi Rovati

Miami, non solo palme e real estate. L’arte contemporanea diventa il motore del mercato immobiliare

Costruire un nuovo museo d’arte contemporanea a Miami è un gioco da ragazzi. Basta chiedere a Irma Braman, fondatrice e co-presidente del consiglio di amministrazione dell’Institute of Contemporary Art di Miami, che ha aperto nel Design District e sta gettando nuova linfa vitale al mercato immobiliare. “Un giorno Norm stava pranzando con Craig e ha detto: ‘Mi piacerebbe avere un museo’. Craig ha risposto: ‘Ho questo pezzo di terra’”. Naturalmente, se si vuole costruire un museo d’arte a Miami, aiuta il fatto che il “Norm” in questione sia il marito della signora Braman, Norman, magnate della concessionaria d’auto di Miami e figura nella lista Forbes 400 con un patrimonio netto stimato in 2,5 miliardi di dollari. E quel “Craig”? È Craig Robins, uno dei più importanti immobiliaristi della città e, se non ancora degno di Forbes, sicuramente un futuro concorrente.

Tre anni dopo quel fatidico pranzo e 75 milioni di dollari in contanti e terreni donati, l’ICA Miami e il suo nuovo scintillante edificio a tre piani sono diventati una realtà. Ed oggi rappresentano il fiore all’occhiello del Design District, già mecca di gallerie e nuovi edifici residenziali presi d’assalto durante le compravendite. Per chi si domanda come questa grande area metropolitana, con il secondo tasso di povertà più alto della nazione, possa permettersi questo lusso artistico, i coniugi Braman hanno la riposta. È bastato finanziare personalmente la progettazione e la costruzione dell’ICA Miami. E l’ingresso al museo è gratuito.

“Non c’è stato un centesimo di denaro dei contribuenti nella costruzione”, ha messo in chiaro sul New York Times Braman. “Ho sempre pensato che i soldi delle tasse pubbliche dovrebbero essere utilizzati prima di tutto per i bisogni della comunità”. A Miami, dal 2017 ad oggi, non passa quasi una stagione senza l’annuncio di un nuovo museo d’arte o di un’espansione, tutti alimentati dall’eccitazione interna e dall’attenzione internazionale che circonda la fiera Art Basel Miami Beach, e tutti principalmente incentrati sull’arte contemporanea. La logica che sta alla base di questo panorama sempre più affollato è lasciata in secondo piano: Miami può permettersi tutti questi musei d’arte? Un museo privato come l’ICA Miami deve competere per i finanziamenti filantropici con i musei pubblici della città e con i principali musei universitari, anch’essi ora prevalentemente dedicati all’arte contemporanea. Ci sono abbastanza donatori facoltosi per tutti? E, cosa altrettanto importante, di quanti musei d’arte contemporanea Miami ha davvero bisogno?

“Stiamo tutti ruotando attorno agli stessi sponsor aziendali”, ha ammesso Silvia Karman Cubiñá, direttore esecutivo e curatore capo del Bass Museum of Art. Il museo, che ha riaperto a Miami Beach dopo un’espansione di 12 milioni di dollari, ha cambiato nome – solo Bass – per riflettere la sua nuova missione di esporre arte del momento. “Tra 20 anni forse ci guarderemo indietro e diremo che abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, ma lo stiamo ancora facendo”.

Non vanno dimenticati i quattro musei privati di Miami gestiti da collezionisti, ognuno dei quali si concentra sulle acquisizioni contemporanee dei propri proprietari piuttosto che sulla sottoscrizione di altre istituzioni artistiche: la Cisneros Fontanals Art Foundation, la de la Cruz Collection, la Margulies Collection at the Warehouse e la Rubell Family Collection. Una quinta è in cantiere, per gentile concessione di Bruce Berkowitz, proprietario di un fondo speculativo e appassionato di James Turrell. Ognuna di esse contiene opere che rivaleggiano con le collezioni permanenti di qualsiasi museo pubblico di Miami. Tuttavia, a parte una serigrafia di Andy Warhol, è difficile trovare regolarmente in mostra qualcosa di antecedente agli anni ’80 in uno di questi luoghi privati.

Foto via ICA Miami/Facebook