Il “patrimonio immobiliare del futuro” è afflitto da software difettosi, server vuoti o inesistenti e grandi possibilità di abuso dei propri dati personali e della privacy. Così ci mette in guardia Wired, raccontando (anche ai nostri investitori) di come, dopo il rebrand di Facebook in Meta, sia iniziata una serie di provocazioni e di storie sulla corsa alla terra digitale. Gli investitori acquistavano appezzamenti di terreno nel cyberspazio, a volte per milioni di dollari, apparentemente convinti che ci fosse dell’oro in quelle colline del metaverso. E se così tante persone con tanti soldi si stanno precipitando nel Meta, deve essere perché c’è un profitto da realizzare. Giusto? E se invece si trattasse di una realtà che assomiglia di più ai videogiochi che al vero e proprio mercato immobiliare che Columbus International, grazie al suo vasto network globale, tra New York, Miami, Milano e Firenze, conosce senza eguali?

Per cominciare, quasi tutti parlano di metaverso, mentre in realtà non esiste un metaverso unico nel senso in cui parliamo di “Internet”. Servizi come Horizon Worlds di Meta e Mesh di Microsoft non interagiscono tra loro, sono solo applicazioni VR separate. Il problema di questa stranezza linguistica, mette in chiaro Wired, è che può dare l’impressione che, per esempio, se un’azienda dice che la sua app VR, il suo videogioco o la sua piattaforma sociale fanno parte del “metaverso”, allora quell’app specifica deve essere il luogo in cui si svolgerà questo futuro nebuloso. È un po’ come dire che la realtà aumentata è il futuro e che i Google Glass sono un prodotto AR, quindi i Google Glass sono il futuro. In questa cornice implicita, chi parla di metaverso, dai siti di appassionati di criptovalute a Business Insider e al New York Times, mette un po’ superficialmente l’accento su un “boom dei terreni virtuali“, evidenziando la vendita per 2,4 milioni di dollari di una proprietà di 116 lotti a Decentraland, mentre gli investitori versano milioni di dollari in luoghi virtuali.

In quegli articoli, i dirigenti di Metaverse Group, una società autodefinitasi “immobiliare virtuale”, hanno descritto l’acquisto di appezzamenti di terreno nel “metaverso” come un acquisto di proprietà a Manhattan molto prima dello sviluppo della città. Più precisamente, piattaforme come Decentraland o Sandbox vendono token basati su NFT che puntano a sezioni di una mappa nei loro specifici mondi virtuali, ma questi spazi non si incrociano.

Come ha spiegato a Wired Dan Olson, un video-saggista che si è occupato a lungo di esperienze e movimenti sociali online, dai concerti digitali di Fortnite alla Terra piatta e a QAnon, e che attualmente sta conducendo una ricerca sulla sfera delle criptovalute, “vendono i loro token che vi danno il permesso di costruire all’interno del loro spazio. Quindi, di fatto, state comprando il loro servizio”.

Ecco allora che acquistare “immobili” su queste piattaforme è come comprare una proprietà a Manhattan, ma in un mondo in cui chiunque potrebbe creare una quantità infinita di Manhattan alternative, altrettanto facili da raggiungere. Ciò significa che l’unico motivo per cui gli utenti acquistano questa Manhattan è se offre un servizio migliore rispetto alle altre. Sotto molti aspetti, queste piattaforme assomigliano a un videogioco medio. Si controlla un avatar 3D personalizzabile con mouse e tastiera (niente VR o AR) e si naviga in un ambiente virtuale. L’idea di Decentraland è che l’uso degli NFT renda la terra del suo mondo di gioco scarsa e, quindi, preziosa. Si può possedere una parte del terreno, che aumenterà di valore con l’aumentare della domanda di spazio, e a quel punto si potrà vendere. In alternativa, si può affittare lo spazio sulla propria proprietà a marchi che vogliono fare pubblicità, ospitare eventi e ottenere una parte delle vendite, oppure aprire un negozio e vendere oggetti digitali agli utenti.

Nel linguaggio che gli investitori usano per descrivere questo tipo di sviluppo riecheggia la terminologia immobiliare della vita reale. Un comunicato stampa di Tokens.com, che detiene una partecipazione del 50% in Metaverse Group, ha dichiarato che la società ha “aperto il terreno digitale” per una torre a Decentraland e che la torre è “in costruzione” sui terreni di proprietà di Metaverse Group. Tuttavia, questo è un modo insolito di descrivere il processo di progettazione di modelli 3D o ambienti virtuali. L’ingegnere informatico (e scettico) della crittografia Stephen Diehl, ha fatto sapere questo tipo di comunicazione può riguardare più la costruzione di una storia che la descrizione di un processo tecnico. “Le persone devono avere una sorta di narrazione alle spalle. Perché alla fine della giornata, state solo comprando dei numeri in un computer”, ha detto. “La storia che si sta acquistando qualcosa in un nuovo grattacielo o in un edificio è in gran parte una beffa”.

E voi, da che parte state?

Fonte: Wired

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