L’Italia chiama a sé le più grandi catene alberghiere. E gli investitori (anche se il boom di acquisizioni realizzate pre-Covid non si ripresenterà quest’anno, a causa di una situazione economia e geopolitica complessa che induce alla cautela. Lo rivela Il Sole 24 Ore, secondo cui quei 3,2 miliardi di euro di volumi del 2019 richiederanno tempo prima di essere di nuovo raggiunti. Le catene di hotel, prosegue Il Sole 24 Ore, continuano a credere nel nostro Paese e nelle sue potenzialità nel settore turistico tanto che, come rilevato da Thrends nel suo decimo report sul settore, negli ultimi dieci anni (dal 2013 al 2022) le catene alberghiere in Italia hanno incrementato la loro presenza.
La crescita ha visto un incremento da 1.324 hotel di fine 2013 a 2.105 a chiusura del 2022, per la prima volta superando la soglia delle 2.000 strutture, per un totale di 210mila camere. “Il censimento ha restituito una immagine dell’ospitalità italiana molto dinamica: nell’ultimo decennio il comparto ha intrapreso una decisa evoluzione nei modelli di sviluppo e crescita, più decisa di quanto direttamente visibile a livello immobiliare, con un consolidamento sempre più marcato e vicino a dinamiche europee e dei mercati anglosassoni – recita il report -. In massima sintesi, nel decennio, gli hotel sono passati da poco oltre 1.300 a 2.100 (+59%), mentre le camere da 146mila ad oltre 210mila (+44 per cento)”. Il tasso di penetrazione in termini di hotel è quindi passato dal 4 per cento del 2013, valore molto modesto a confronto con le dinamiche di altri player mondiali del turismo, al 6,6 di oggi. Ma in termini di camere, la crescita è molto più marcata, perché le catene hanno iniziato ad accettare, nella loro espansione, anche dimensioni più ridotte, caratteristiche del panorama immobiliare italiano: le camere di catena erano il 13,4 per cento del totale nel 2013 e sono oggi il 19,7 per cento.